Pietro di Giovanni d'Ambrogio (1410 ca - 1448)
Croce dipinta Sopra altar maggiore
Restaurato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali 1994-1995
operatore Paolo Pecorelli di ESTIA s.r.l.
Già ricordato sul primo altare a destra (F. Brogi, Inventario generale degli oggetti d’arte della provincia di Siena, Siena 1897, p. 564, cm 191x146, tempera su tavola) come anonimo senese del sec. xiv, il dipinto è stato appeso dopo il restauro sopra l’altar maggiore, probabile luogo di collocazione originario. Era deturpato da un vecchio restauro che aveva risparmiato solo gli incarnati dei volti che lasciavano intravedere l’alta qualità del dipinto. L’opera anche dopo l’intervento si presenta molto frammentaria: manca il braccio sinistro del Crocifisso e la quasi totalità della decorazione di fondo, di cui si conserva la tela di incamottatura, utilizzata nelle tavole antiche per far aderire meglio il colore alla tavola. Malgrado la frammentarietà dell’immagine sacra, l’opera rappresenta una straordinaria e importante aggiunta alla scarno catalogo del pittore Pietro di Giovanni d’Ambrogio. La sintesi formale, la qualità del ductus pittorico fanno infatti ipotizzare la mano del pittore senese Pietro di Giovanni d’Ambrogio (1410 ca.-1448), raro artista che si accosta ai modi del Sassetta e del Maestro dell’Osservanza con stravaganze ed accenti aspri che lo avvicinano anche a Giovanni di Paolo. Lo scorcio e la resa sapiente del braccio e della mano destra, il chiaroscuro denso, la raffinata esecuzione a pennellate sottili del modellato e del volto sofferente, scavato dalle ombre, convivono con la forte stilizzazione del ventre e delle coste, e con le pieghe astratte e cadenzate dei panneggi. Il volto appuntito e segnato dai grandi occhi della Vergine ricorda le figurine femminili di Vecchietta nell’Arliquiera per la sagrestia dello Spedale (1445 circa), nella cui impresa Pietro di Giovanni risulta collaboratore. Vi sono stretti legami tra la nostra croce dipinta e l’ultima produzione del pittore del quinto decennio del Quattrocento, in particolare con la Natività di Gesù nel Museo d’arte sacra di Asciano cui rinviamo le tipologie delle figure, la resa materica degli incarnati e il risalto formale di forte astrazione.